Quaranta Semini all'ombra del Monte Rosa per ricordare

"SILVIO SAGLIO"

Bisogna varcare il cancello del cimitero superiore di Macugnaga per capire come si possa fare una scelta sul luogo della propria sepoltura. Bello è uno strano aggettivo per un cimitero ma quello walser stretto com’è intorno alla duecentesca chiesetta lo è. E’ un luogo che oltre a riconciliarti con la morte ti concilia la vita. Lì Silvio Saglio ha scelto la propria dimora con la vista possente del Monte Rosa; e lì ci siamo trovati in una quarantina la mattina dell’11 ottobre. Con noi c’erano le guide, il soccorso alpino ed il Sindaco di Macugnaga in testa. Per la SEM le "teste grigie" (per non dire bianche) sono la maggioranza. Pochi fra noi quelli che hanno conosciuto, o almeno visto, personalmente Silvio Saglio.

Per quanto mi riguarda sono nato nel 1963, l’anno prima della sua morte e a quell’epoca avevo altro da fare e non mi occupavo di montagne, alpinisti e nemmeno leggevo "Lo Scarpone". Sono arrivato qui con lo spirito di una "visita di cortesia" con un malcelato terrore di una commemorazione ufficiale fatta di fanfara, messa a suffragio, discorso, cappelli coi pennacchi, rullo di tamburi e foto in posa.

Teresio Valsesia ci racconta attraverso le lapidi la storia di una montagna e della sua valle; un accavallarsi di storie di uomini, donne, lavori, fatiche e tragedie. Storie di persone che per nascita o per scelta sono stati protagonisti di una epopea e di un vivere duro e rispettoso a contatto con la grande montagna. Teresio ci aiuta a leggere nelle lapidi le tappe della conquista della parete est del Monte Rosa: le prime vittime, quelle del Canalone Marinelli, una storica tragedia dell’alpinismo italiano. E ci sono tombe di chi si votava alla montagna per lavoro - nascere cento anni fa a Macugnaga doveva essere una specie di maledizione - o per scelta: aristocratici, banchieri, uomini di stato, papi. Accomunati nella morte e casualmente nella vita da quella montagna grande e magnetica.

Mentre il sole mi scalda la pelata e scandalosamente cerco di assolvere l’incarico di fotoreporter che il Sergio, con un ghigno poco rassicurante, mi ha assegnato, finalmente godo sentendo parlare di montagne e di uomini che le percorrono come sempre vorrei sentire; in modo così diverso di quello fatto di super-uomini da copertina, record, classificazioni, occhiali a specchio e magliette in fibra di titanio (?). Riesco a capire perchè siamo qui in tanti per una persona che non abbiamo nemmeno conosciuto ma alla quale mi sento sempre più vicino.

Ci spostiamo al museo della montagna, una casetta di legno in una viuzza del borgo gestito dalle guide di Macugnaga. Si taglia il nastro ....... una targa dedica una sala del museo a Silvio Saglio; tutto avviene con la semplicità che può esserci all’interno di una casa walser.

Giro per il museo, impressionante: aperto su un tavolo lo zaino della guida Bich disperso sul Rosa, il suo corpo e il suo zaino ritrovati venti anni dopo: piccole cose: un pezzo di piccozza, della vegetallumina, un paio di moffole che sembrano quelle di un bambino. Il nostro piccolo corteo si muove chiaccherante in una Macugnaga che data la stagione scopre il suo volto di piccolo borgo di montagna, ed è forse questa atmosfera a far sembrare siano cadute le barriere del tempo.

Tutto questo lo provo - ve lo assicuro - senza aver assunto nessuna sostanza particolare, nemmeno il più misero degli aperitivi, anzi, lo stomaco inizia a reclamare rumorosamente la sua parte.

Il Sindaco di Macugnaga, con una punta di orgoglio, ci introduce nella sala congressi; che è veramente una bella costruzione.

Mentre scatto foto e attraverso la meditazione cerco di insonorizzare lo stomaco sono colpito da una frase di Marcandalli che ricordando Saglio dice: " ...uno dei più grandi conoscitori delle Alpi, una vera enciclopedia vivente.": La curiosità, la conoscenza, sono una forma d’amore. Conoscere i monti, osservarli, esplorarli umilmente è forse l’unico modo di amarli.

Usciamo nella tersa giornata autunnale, il Monte Rosa domina tutto, ci circonda il bosco dove l’antica vescica del Jeff impone una sosta.

Ci si ritrova tutti intorno ad un tavolo, quale maniera migliore per ricordare un amico. Sorpresa nella sorpresa siamo tutti ospiti della SEM, e poi per un alpinista della mutua quale sono non capita spesso di sedere al tavolo con Giuseppe Oberto uno degli "eroi del Gasherbrum".

Al terzo bicchiere la pace con il mondo è totale e sono veramente contento di questa giornata così "semina".

Il tempo si è guastato, il cielo grigio rende ancora più inquietante la montagna, le sue calotte di ghiaccio, le volumetrie pazzesche, sembra irraggiungibile. Si rincasa. Il pulman scende verso Milano, le montagne degradano velocemente verso la Valle del Toce. La strada e stretta e ad ogni curva l’occhio guarda verso la scarpata. Un pensiero attraversa la mente e mi pare di capire come si possa decidere di rimanere in un posto bello come Macugnaga per sempre.

il presidente della SEM, il sindaco di Macugnaga e Teresio Valsesia

"La Traccia" n.8 - novembre 98